To paulonia or not to paulonia?
Prendo spunto da una discussione di Youtuber chitarristici per cercare di “controinformare” , non per spirito ci contrappunto ma piuttosto per offrire il punto di vista da costruttore “eretico”.
Apprendo dagli youtuber il luogo comune sul fatto che la paulonia sia “un legnaccio”.
Il legno è legno, è una pianta che cresce, con una quanto più varia gamma di caratteristiche diverse in base all’essenza. Non è né oro, né litio, né petrolio. E’ una materia prima con un valore dato dai costi di lavorazione ma soprattutto soggetta alle leggi del mercato.
“Ho visto chitarre in paulonia spezzate…” Anche io ho visto GBSN SG spezzate, grazie a un inopportuna fragilissima giunzione manico corpo. Per non parlare dei manici delle stesse. E non delle serie economiche.
Tutto dipende da come viene costruito lo strumento. I punti di stress, se il legno è leggero, vanno rinforzati e dimensionati con criterio.
Se il peso ridotto e la risposta timbrica offerta dalla paulonia sono gli elementi desiderati dal cliente, con le giuste attenzioni progettuali, può essere un ottima scelta.
Ho usato la paulonia con risultati ottimi sia nei bassi che nelle chitarre, sopratutto nei semi-acustici. Nelle solidbody farebbe felice Nile Roger.
“E’ un legno che usavano i mobilifici dell’Est per costruire mobili”.
Nel 2005 ho scoperto che l’importatore dall’Africa della Terminalia Superba, chiamata Liba o Frakè, legno destinato alla costruzione delle casse da morto (sempre all’Est) era in realtà il Corina, legno mitologico (per i chitarristi), da decenni scomparso dalla scena musicale.
Ho iniziato a usarlo perché costava poco, era esteticamente molto bello e lo stesso legno poteva essere sia pesante con suono brillante che più leggero dal suono morbido, offrendo praticamente molte varianti timbriche.
Negli anni, dagli enormi scali ferroviari pieni di cataste di Limba a prezzo contenuto, si è passati alla difficoltà di reperirlo (perché hanno iniziato a usarlo anche grossi produttori) a un prezzo lievitato incredibilmente.
Dal 2012 ho iniziato a utilizzare castagno, platano, paulonia, faggio, acero, noce tutti locali o comunque italiani. C’è più scelta, più varietà, c’è il rapporto con chi li taglia, li sega, li stagiona.
Ho sempre acquistato il legno dalle segherie, per avere una buona scelta, fare personalmente la selezione, e tenere contenuti i costi. E soprattutto trovare sempre quello di cui ho bisogno.
Nella costruzione di uno strumento quello che conta sono sempre le caratteristiche ricercate, le soluzioni tecniche, l’uso che viene fatto di un certo componente.
La scelta del legno negli strumenti musicali è altamente soggetta a mode che sono legate a pratiche commerciali.
Già negli anni ’90 feci un editoriale in cui, in un momento in cui per essere “cool” si dovevano scegliere solo legni usati dagli americani, ribadivo che Stradivari doveva proprio essere un pirla per usare legni italiani!